L’intervento di prostatectomia radicale: la preparazione all’intervento, le diverse tecniche
L’anestesista valuterà il paziente in fase preoperatoria e le eventuali patologie associate, prescriverà gli esami preoperatori di routine (visita cardiologica, elettrocardiogramma e esami ematochimici) e, se indicato, richiederà ulteriori esami di accertamento.
Se il paziente desiderasse mantenere la possibilità di avere figli, può depositare lo sperma prima dell’intervento presso i centri medici specializzati in fertilità e crioconservazione.
L’intervento di prostatectomia radicale presenta i rischi generali di qualsiasi intervento chirurgico di una certa importanza.
L’urologo può asportare la prostata e i linfonodi con diverse tecniche:
- incidendo la parete addominale dal pube all’ombelico: in questo caso si parla di prostatectomia radicale “a cielo aperto”.
- incidendo la parete addominale in alcuni punti (solitamente 5): attraverso questi tagli di circa un centimetro, l’urologo introduce la telecamera e gli strumenti per eseguire l’intervento; in questo caso si parla di prostatectomia radicale video-laparoscopica.
- utilizzando un robot durante la procedura video-laparoscopica; (Prostatectomia radicale con Robot Da Vinci) in questo caso si parla di prostatectomia radicale con robot o robotica.
L’utilizzo del robot, infatti, permette di operare con un ingrandimento visivo di circa 20 volte e con una visione a 3 dimensioni, consentendo di eseguire l’intervento con accuratezza, soprattutto se effettuato da mani esperte, ed assicurando al paziente ripresa post-operatoria più veloce, in particolar modo se paragonata alla tecnica a cielo aperto.
L’intervento prevede la creazione di 5-6 piccole incisioni addominali di circa un centimetro ciascuna per poter introdurre lo strumento operatorio.
Dopo avere asportato la prostata e le vescicole seminali l’urologo ricostruisce con una sutura la continuità tra la vescica e l’uretra e inserisce un catetere vescicale che serve a drenare l’urina e a proteggere la sutura chirurgica.
Vengono poi solitamente posizionati uno o due drenaggi che fuoriescono dall’addome, portando all’esterno il siero che si forma nella zona da dove sono stati asportati la prostata e i linfonodi.
è da sottolineare che, allo stato attuale, i risultati oncologici e gli effetti collaterali a lungo termine (incontinenza, deficit dell’erezione) sono paragonabili in tutte le tecniche descritte se queste vengono effettuate in centri con esperienza.
La prostata e le strutture rimosse chirurgicamente vengono fatte sempre analizzare all’anatomo-patologo per avere ulteriori, importanti informazioni sulla malattia. In base al referto patologico potrebbe essere necessario impostare ulteriori terapie in grado di prevenire la possibilità di ricaduta della malattia. In questo caso la terapia, che può essere la radioterapia e/o la terapia ormonale, viene definita “adiuvante”, cioè di “aiuto” all’intervento chirurgico.
Decorso post operatorio e degenza in ospedale
Solitamente, in assenza di particolari complicazioni, la degenza post operatoria in ospedale è di circa una settimana durante la quale vengono somministrati farmaci (antidolorifici, antibiotici, eparina per prevenire le complicanze vascolari quali le trombosi venose), liquidi ed effettuati periodici controlli ematici.
Si medica la ferita chirurgica e i drenaggi addominali vengono rimossi appena la secrezione del siero si riduce. Il catetere vescicale viene mantenuto in sede fino a quando l’urologo ritiene che la sutura tra vescica e uretra sia completamente guarita. è possibile che prima della rimozione del catetere vescicale venga effettuato un esame radiografico - la cistografia - che conferma l’avvenuta guarigione della sutura.
La convalescenza a casa
Dopo la dimissione dall’ospedale, si dovrà avvertire il proprio Medico di Medicina Generale dell’intervento chirurgico subito e delle terapie che il paziente dovrà proseguire a domicilio.
Il paziente potrebbe essere dimesso con il catetere vescicale e/o i drenaggi addominali ancora in sede. Il personale del reparto urologico insegnerà la manutenzione, abbastanza semplice, di questi presidi. Nel giro di 3-4 settimane, in assenza di complicanze, la maggioranza dei pazienti riprende le normali funzioni fisiche abituali quotidiane.
Effetti collaterali della prostatectomia radicale
Avendo rimosso completamente la prostata e le vescicole seminali, non viene più prodotto lo sperma. Le conseguenze sono che il paziente diventerà sterile e avrà un orgasmo senza eiaculazione.
I più importanti effetti collaterali della prostatectomia radicale sono l’incontinenza urinaria e la difficoltà o l’assenza dell’erezione.
L’incontinenza si verifica soprattutto dopo aver rimosso il catetere vescicale e persiste per un periodo di tempo variabile, da poche settimane fino a qualche mese dall’intervento. Si parla di incontinenza “da sforzo”, che si verifica cioè in seguito a movimenti che comportano un brusco aumento della pressione addominale (come, per esempio, sollevare pacchi pesanti, starnutire o tossire). Solitamente l’incontinenza regredisce entro sei mesi; se continua oltre i sei mesi, è definita incontinenza urinaria stabilizzata.
Se la perdita di urine non è eccessiva, è possibile effettuare, sotto controllo specialistico, degli esercizi specifici volti a rinforzare il muscolo responsabile della continenza urinaria, parzialmente danneggiato e/o indebolito dalle manovre chirurgiche.
La riduzione o l’assenza dell’erezione sono effetti collaterali comuni dopo prostatectomia radicale, che diventano più frequenti con l’aumentare dell’età del paziente. I nervi deputati all’erezione del pene scorrono in stretto rapporto alla prostata e possono venire parzialmente danneggiati dalla
procedura chirurgica.
La prostatectomia “nerve-sparing” è la tecnica chirurgica che permette di risparmiare il fascio nervoso e di avere una più alta probabilità di conservare l’erezione; viene eseguita se il tumore è ancora confinato alla prostata. L’andrologo potrà consigliare una cura appropriata in quanto sono disponibili diverse formulazioni di farmaci.
I vantaggi della prostatectomia radicale
I vantaggi della chirurgia possono essere così riassunti:
- il tumore viene trattato in un tempo unico;
- dopo l’intervento, il PSA è un esame molto più preciso in quanto diventa un marcatore specifico del tumore;
- l’esame istologico sulla prostata e sulle vescicole seminali asportate può dare all’urologo indicazioni ulteriori sul tipo di tumore e sulla sua aggressività, tanto da poter indicare la necessità di una terapia “adiuvante” alla procedura chirurgica.
I controlli dopo la terapia chirurgica
L’urologo richiederà di controllare il PSA dopo 30-45 giorni dalla prostatectomia radicale per verificare che il suo valore si sia azzerato. In seguito, il paziente eseguirà periodici controlli urologici ambulatoriali ai quali dovrà portare il PSA.
L’urologo richiederà ulteriori esami solo in casi particolari.
Qualora il PSA si rialzasse, l’urologo valuterà la possibilità di ulteriori indagini per evidenziare una eventuale ripresa del tumore.
I controlli urologici ambulatoriali sono molto importanti in quanto permettono di attivare in tempo utile le terapie necessarie in caso di rialzo del PSA.
Luoghi comuni, domande e perplessità frequenti riguardanti la chirurgia
Spesso il paziente pensa: “Se tolgo tutta la prostata chirurgicamente il tumore non tornerà più: tolto il dente, tolto il dolore”.
La prostatectomia radicale rimuove completamente la neoplasia ma il “ritorno” del tumore, tecnicamente definito “recidiva”, è determinato dall’aggressività biologica del tumore, ossia dalla capacità intrinseca della malattia di potersi ripresentare a distanza di tempo dal trattamento radicale, sia esso chirurgico o radioterapico. Qualsiasi cura con intento radicale non può comunque garantire al 100% che il tumore
non darà mai più segni di sé. Per questo motivo si effettuano i controlli uro-oncologici periodici.