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Un nobel e il tumore (il mio). Incrocio tra lettura e amara realtà

Un nobel e il tumore (il mio). Incrocio tra lettura e amara realtà

Nel leggere un libro vi ho trovato descritto un “caso” pressoché identico a quello che ho vissuto: la fortissima similitudine mi ha spinto a descrivervi questi due casi.
Il saggio, “Nudge” [1] di Thaler & Sunstein, del premio Nobel per l’economia del 2017 Thaler, ha come tema il fatto che le nostre risposte ad ogni domanda sono “guidate” dal come è formulata la domanda stessa, dall’ambiente, dalla situazione specifica. Thaler chiama questi condizionamenti con il termine “nudge”, che in italiano potrebbe essere tradotto in “spinta gentile”, “spintarella”, “colpetto”, cioè un indirizzamento dolce e ben nascosto verso una ben definita risposta.

“Nudge” è un termine ben poco conosciuto ma, prevedo, che diventerà di moda: io l’ho imparato da un grande manager che lo applica sistematicamente per ottenere, diciamo così, quello che vuole dai suoi collaboratori.
La teoria di Richard H. Thaler assomiglia al pensiero di Daniel Kahneman, uno psicologo, anche lui premio Nobel per l’economia del 2002, che afferma, più o meno, che la risposta immediata a una domanda non sempre, anzi quasi mai, è basata su una razionalità ma spesso è determinata dalla situazione, dal tempo a disposizione e da come è formulata la domanda stessa. Questa teoria è descritta nel saggio “Pensieri lenti e veloci” [2].
I due libri sono di facile lettura perfino da chi, come me, ha imparato la psicologia da Woody Allen: la lettura è facilitata dalla presentazione di molti esempi reali.
Tra questi esempi, circa a un terzo dell’e-book “Nudge” si legge il seguente caso (i dati si riferiscono al 2009, anno della prima pubblicazione).

“Supponiamo che vi abbiano diagnosticato un cancro alla prostata e che dobbiate scegliere tra tre opzioni: chirurgia, radioterapia o vigile attesa, che significa non fare nulla per il momento: ogni scelta comporta una serie complessa di effetti collaterali e sulla qualità e lunghezza della vita. Il confronto tra le opzioni richiede un bilancio come: è meglio correre il rischio con il 33% di probabilità di diventare incontinente per avere il vantaggio di accrescere la speranza di vita residua del 3,2%?
È una difficile decisione a due livelli. Primo, difficilmente il paziente conosce questi dati e, secondo, gli sarà difficile immaginare che cosa significhi essere incontinente. Inoltre, ci sono altri due fattori inquietanti nello scenario. Primo, la maggior parte dei pazienti decide che cura seguire proprio nel momento in cui apprende la diagnosi. Secondo, la loro scelta dipende fortemente dal tipo di dottore che gli sta di fronte: qualcuno specializzato in chirurgia, altri in radioterapia ma nessuno in vigile attesa. Indovinate quale sarà l’opzione meno seguita?”

Sfortuna ha voluto che qualche anno fa abbia vissuto questa situazione, reale, personale, che ha ripetuto esattamente il “caso” citato a prova della, diciamo, universalità del comportamento dei medici e dei pazienti.
Vi riassumo quindi il mio percorso da “paziente che deve decidere”, con la fragilità che inevitabilmente lo accompagna.
Tutto inizia quando, dopo una mattinata di attesa in una bolgia di corridoio, un giovane medico mi informa che “Hai un tumore e anche cattivello” e suggerisce, in pochi secondi, a voce, che ho due strade per curarmi:
• una chirurgica che “dato il tuo stato” puoi supportare benissimo
• una basata su radiazioni sulla quale vengono date vaghe informazioni
• terzium non datur
Per la precisione, nel mio caso specifico, viene esclusa d’emblée la sorveglianza attiva e la vigile attesa.
Il medico non sa nulla sul mio stato di salute ma, guardandomi, sentenzia che “porto bene gli anni” (80 all’epoca), non fornisce, quasi, nessun dettaglio e nulla di scritto.
Dimenticavo: il medico è parte di una équipe di chirurgia.
Indovinate cosa decide rapidamente, su due piedi, il povero Mario? Elementare Watson: mi faccio operare!
La risposta è predefinita da:
• mancanza di tempo per riflettere, documentarsi e “pensarci su” (= pensiero veloce)
• modo di presentare il caso da parte di un “esperto”, soprattutto se solo in chirurgia (= nudge)
• Nessun cenno ad altre alternative
Certo, firmo il Consenso informato: sicuramente si rispetta la legge ma, certo, nulla a che vedere con quello che capita nella mia professione di consulente industriale: per convincere un mio cliente o superiore a prendere una qualsiasi decisione non basta certo fargli firmare un bel modulone e strappargli un “SI” al volo! E si tratta di soldi, non della mia pelle alla quale sono un poco affezionato.
La mia situazione corrisponde alla perfezione con quella presentata dai due Nobel:
• mancanza di tempo, di informazioni, di documenti scritti;
• spintarella data da chi pone la domanda, esperto in chirurgia, e dall’ambiente “orientato”.
Il caso personale coincide quasi con il caso presentato da Thaler: probabilmente il comportamento dei medici è proprio uguale in tutto il mondo!
Presa questa decisione, ovvia e scontata, il malato entra in una efficientissima catena di montaggio nella quale il sistema sanitario si focalizza sulla malattia, dimenticando totalmente il “portatore”.
Appare chiaro, almeno in questo caso, che l’obiettivo di quel medico è di “curare la malattia” e non certo “curare il malato” che diventa solamente un supporto, noioso e ingombrante, al tumore da combattere.
La macchina “antitumore” è efficientissima ma priva di ogni trasparenza: TAC, PET, RX, ECG… vengono effettuati in serie senza che i risultati siano adeguatamente presentati o commentati al “portatore”.
Mi fermerei qua ma, se siete diventati curiosi del mio caso, vi accenno alla tappa successiva e vi rimando ad una data indefinita, sperabilmente lontana, sulla soluzione finale: morte “per” il tumore, morte “con” il tumore e, soprattutto, un bel numero di anni di buona vita con gite in montagna, camminate e magari sci con i nipoti: crepino i lupi, cross finger…
La tappa successiva consiste in un’altra domanda, questa volta da parte della alla moglie, che suggerisce un “pensaci su” ovviamente accompagnata da una bella “spintarella”.
Adesso metto in atto un tentativo di razionalità, cerco un esperto di “tumori” e non di “chirurgia”, lo cerco, spero sia quello giusto, mi consiglia, in modo motivato, la radioterapia.
Quindi torno al punto di partenza, comunico la mia decisione, vengo tolto dalla lista di attesa dell’uomo con il coltello, e vengo spedito ad un altro ospedale.
Nuovo incontro, questa volta con l’esperto di radioterapia che, guarda caso, conviene sulla mia scelta e inizia il bombardamento fotonico.
E siamo a questo punto: bisogna dire che la radioterapia è fatta con macchinari e personale assolutamente “al top”.
Per rispetto della verità devo dire che la fase iniziale, per pervenire alla diagnosi, si è svolta in una struttura pubblica, rapida ed efficiente, professionale: brava dottoressa, grazie.
Fine, ad oggi, della storia: bella la coincidenza tra il caso descritto e il caso, ahimè, vissuto. Tutto il mondo è paese.
Conclusioni: sarebbe bello avere dei medici esperti in “malattie” e non esperti in un determinato metodo di cura.
Ho paura che, oggi, valga, spesso, la regola che se hai un male ad un ginocchio la diagnosi e la cura dipendono dal medico che scegli: ortopedico, chirurgo, fisioterapista, esperto in terme, psicologo, dietologo, oncologo, …omeopatico, agopunturista, osteopata, ma la cura migliore era lo stare a letto tranquillo per il weekend!
Certamente le “spintarelle” non sono programmate e non sono forse neanche percepite dal mondo medico, che non immagina che il passaggio da “sano” a “malato-paziente” non è banale e andrebbe “gestito” e non affidato al caso.
Come?

  • lasciando tempo per le decisioni con tempi e ambienti adatti
  • sostituendo il “consenso informato” con una “scelta informata”
  • informazione, completa, scritta, neutrale, indipendente (chi diagnostica deve essere arbitro)
  • commento ai pro/contro della scelta, elencazione degli “effetti secondari” negativi
  • considerazioni sulla “qualità della vita” prevedibile
  • assistenza se non proprio psicologica almeno medica: lettura dei risultati
  • diagnosi della malattia ma anche del malato.

Per finire
Il caso presentato non è affatto raro: ogni 15 minuti in Italia vi è un nuovo caso di tumore alla prostata: forse vale la pena di esaminare il problema in modo innovativo, come viene proposto da alcuni centri che adottano un approccio multidisciplinare, ancora troppo pochi: “Chiedo troppo? Chi mi risponde?”

 

Bibliografia
[1] “Nudge – La spinta gentile – La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità
di Richard H. Thaler (Autore),  Cass R. Sunstein (Autore),  A. Oliveri (Traduttore)
Universale Economica Feltrinelli/Saggi, 2014

[2] “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman
Mondadori,  Collana Oscar Saggi, 2013


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